Quest’articolo è uno spunto di riflessione sulle neuroscienze. Non parlo molto dei miei esperimenti di intelligenza artificiale. Non ho ancora ottenuto risultati degni di nota anche perché il mio approccio è completamente diverso dall’approccio classico. L’intelligenza artificiale è popolata di algoritmi e modelli che singolarmente non ci azzeccano nulla con la mente umana. Il problema è, credo, che ci si concentra troppo su aspetti macroscopici.
Programmi in grado di leggere, programmi in grado di ascoltare, programmi che guidano mille miglia nel deserto su piste impreviste. Tutte abilità notevoli che però mancano platealmente il bersaglio. Le macchine eseguono alla perfezione quei lavori ma rimangono macchine proprio perché incapaci di fare altro.
C’è però qualcosa che unisce materia a pensiero. Un anello di congiunzione fra una serie di impulsi e l’auto-coscienza. E’ li che io mi spingo, è quello che mi piace fare.
Così in quest’ultimo anno ho studiato abbastanza la psicologia infantile, in particolare la psicologia neonatale. Questo perché non c’è differenza in atto fra un neonato (e prima ancora un feto) e un complicatissimo schema elettonico per quanto quest’idea sia eticamente raggelante. La differenza sta in cosa queste due macchine sanno fare nativamente. I bambini, si sà, nascono con l’abilità di nutrirsi (il saper ciucciare) e con l’abilità di apprendere. Ed è proprio questa seconda abilità che mi ha sempre affascinato.
Come nasce? Appena nati cosa si sa? Nulla. Non esiste nessuna precondizione nel cervello di un neonato ad esclusione di quelle essenziali informazioni genetiche. Un neonato impara per imitazione, si dice, ma non basta. Non è tutto. Non è possibile che sia tutto: se noi costruissimo una macchina in grado di imitare tutto non sarebbe una macchina molto intelligente.
All’imitazione dobbiamo aggiungere la memoria. La memoria abnorme di un neonato, memoria che però è diversa da quella che utilizziamo in età adulta. Infatti sebbene memorizziamo tonnellate di informazioni nei primi anni di età quasi nessuno di noi riesce a ricordare nulla di quegli anni. Questo significa che tutte quelle informazioni agiscono in modo diverso. Non permangono nel cervello ma lo ristrutturano.
Ma basta? No. Ancora no. Questo meccanismo è simulato dalle reti neurali, strutture dati in grado di ristrutturarsi in base agli input esterni. Eppure le reti neurali non bastano ancora. Allora aggiungiamo i sensi. Non potremo mai evolvere un intelligenza artificiale simile all’intelligenza umana se il tipo di input in grado di ricevere siano diversi da quelli umani.
Ma ancora non basta. Una rete neurale più 5 sensori non da ancora un essere umano. Cosa possiamo aggiungere? L’iterazione del pensiero. Altro non è che una valutazione dell’istinto. Pensiamo a qualcosa, valutiamo se quell’idea è esatta e se non lo è la perfezioniamo. Questo è una bozza di ragionamento. Un qualcosa che può essere simulato da alcune varianti della programmazione genetica.
Ovviamente ancor anon basta. C’è qualcosa che ci sfugge. Che sia un innata abilità nel valutare proposizioni logiche? Può darsi, da adulti non possiamo saperlo. Da adulti il nostro pensiero si unisce totalmente al linguaggio facendoci sfuggire quel qualcosa di primordiale alla base. Quel qualcosa alla base che diamo totalmente per scontato.
Ma quella cosa sicuramente darà dei risultati che ci lasceranno sorpresi. Nel mio piccolo tempo fa avevo preso ad insegnare ad un mio programma (che univa reti neurali a programmazione genetica) a distinguere i poligoni che disegnavo sullo schermo. Ovviamente la cosa è lunghissima, la programmazione genetica è molto lenta già di suo, immaginatela ripetuta per ogni “pensiero” che il programma genera. Ci sono voluti due mesi per fargli distinguere un cerchio da un quadrato. La cosa che mi ha sorpreso però è che il programma alla fine dava segni si squilibrio. Vedeva poligoni che non avevo nemmeno disegnato. Era schizzofrenico.
Mi sono chiesto allora: possibile che tutti i difetti della mente umana (malattie mentali, emozioni incontrollate e molto altro) siano conseguenze obbligate di una struttura cognitiva complessa? Quando l’intelligenza artificiale arriverà ad emulare il comportamento umano avremo necessariamente macchine dotate degli stessi nostri difetti? Avremo macchine malate di mente?
Non so. Non posso esserne sicuro. Ma potremmo avere macchine più umane di quanto vorremmo.
“Non parlo molto dei miei esperimenti di intelligenza artificiale”. Dovresti farlo molto, molto più spesso 😉 ottimo articolo!!
Grazie. Le neuroscienze sono la mia passione. Quasi una passione intima. 🙂 Vorrei farlo anche alla specialistica dell’università (appena risolvo qualche mio problema personale).
Comunque non ne parlavo spesso perchè penso che uno debba parlare solo di cose che sa e queste cose le sto approfondendo molto quest’anno. 🙂 Penso che da ora in poi ne parlerò più spesso. 🙂
Dimentichi che il cervello umano si è evoluto in milioni di anni.
Articolo molto interessante. Mi stò appassionando anche io di queste cose e stavo cominciando proprio in questi giorni a scrivere un po di codice per il mio primo percettrone (con somma difficoltà perché contemporaneamente cerco di imparare il C++).
“Da adulti il nostro pensiero si unisce totalmente al linguaggio facendoci sfuggire quel qualcosa di primordiale alla base. Quel qualcosa alla base che diamo totalmente per scontato.”
Si ma quel qualcosa di primordiale alla base comunque governa e dirige le nostre scelte (old brain); forse è questo il limite (attuale) delle macchine… mancanza di “istinto”
Ciao e complimenti
Ciao, questi sono argomenti che mi affascinano da sempre!!
Probabilmente lo conosci già ma ho trovato molto interessante il lavoro di Dario Floreano. Tra l’altro la sua tesi (forse quella di dottorato, adesso non ricordo) è reperibile in rete in formato pdf.
Ho delle mie personali idee sugli istinti e sulle malattie mentali… In particolare penso che queste ultime siano un pegno da pagare dovuto alla nostra scarsa specializzazione:
*) Troppa specializzazione inibisce la capacità di generalizzazione
*) Poca specializzazione induce una generalizzazione tale da comportare anche risposte fuori dallo schema del compito assegnato.
Comunque complimenti
Un bel articolo, ma mi viene da chiedermi:
servono delle macchine che pensano?
Si. Sarebbe un balzo mastodontico in ambito tecnologico e di ricerca scientifica in generale. Specialmente in quegli ambiti in cui l’interazione umana è decisamente preclusa: esplorazione di pianeti non abitabili, estrazione mineraria, soccorso di persone in condizioni critiche. Adesso già molto è in mano a macchine, ma macchine che al primo imprevisto vanno in palla… io preferirei macchine che sappiano adattarsi.
hai mai preso in considerazione la variabile “Dio” e “Anima”. lo so, fa ridere! ma se fosse? se gli esseri viventi fossero tali propio perchè hanno un anima?
se non si riducesse tutto a proteine e sinapsi?
guarda io non sono credente, ma a volte la meraviglia del cervello, della vita del pensiero mi lasciano perplesso e mi faccio delle domande.
comunque bell’articolo, complimenti.
ps vuoi creare la macchina perfetta? fai un figlio! 😀