Correva l’anno 1950, il mondo si risvegliava dagli anni della Seconda Guerra Mondiale con la voglia di lasciarsi alle spalle gli orrori del totalitarismo. Era l’anno in cui nasceva Charlie Brown, l’anno in cui a Roma veniva firmata la “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo”, l’anno del primo super computer britannico (il Pilot ACE). Lo stesso anno però è noto a chi si interessa di AI soprattutto per l’articolo di un giovane Alan Turing sulla rivista Mind (che potete leggere qui http://loebner.net/Prizef/TuringArticle.html ).
In quell’articolo Turing presentava per la prima volta il Test di Turing spinto da una domanda fondamentale ma allo stesso tempo quasi rivoluzionaria: può una macchina pensare? E se si come si può verificare questa capacità?
La domanda in realtà ne racchiude molte altre, prima fra le quali: che cosa si intende per macchina? Anche l’uomo è una macchina, costruita di aminoacidi e filamenti di carbonio, ma pur sempre una costruzione chimica. In questo caso la domanda ha una risposta semplice: si, le macchine possono pensare e la prova è la nostra stessa esistenza unita ad una volontà di non entrare troppo nei dettagli. Come lo stesso Turing scriveva rifacendosi al Cogito Ergo Sum di Cartesio:
Secondo la forma più estrema di questa opinione, il solo modo per cui si potrebbe essere sicuri che una macchina pensa è quello di essere la macchina stessa e sentire se si stesse pensando. […] Allo stesso modo, la sola via per sapere che un uomo pensa è quello di essere quell’uomo in particolare. […] Probabilmente A crederà “A pensa, mentre B no”, mentre per B è l’esatto opposto “B pensa, ma A no”. Invece di discutere in continuazione su questo punto, è normale attenersi alla educata convenzione che ognuno pensi.
Ma limitandoci al caso di macchine artificiali ed escludendo i casi troppo filosofici, esiste un metodo che ci permetta di dire, con buona approssimazione, che una macchina è dotata di pensiero?
Per rispondere a questa domanda Turing nell’articolo presenta una sorta di gioco. Ci sono tre partecipanti: un uomo A, una donna B e una terza persona C. C è separato dagli altri due concorrenti e può interagire con loro solo tramite una console. Lo scopo di C è di individuare chi fra A e B sia un uomo e una donna. Allo stesso modo A deve cercare di ingannare C mentre B deve cercare di aiutarlo.
Il test consiste nel sostituire A con una macchina: se la percentuale di volte in cui C indovina con A-Uomo è simile a quella con A-Macchina allora la macchina è in grado di pensare perché è indistinguibile da un essere umano.
Il Test di Turing nel corso degli anni è stato però più volte riformulato. Infatti molti programmi chiaramente non pensanti (come ELIZA) riuscirono a superare i criteri del test che fu quindi reso più complesso anche alla luce dei nuovi problemi che affiorarono durante l’esplorazione dei confini dell’AI. Celebre è ad esempio il problema delle stanze cinesi proposto da John Searle nel 1980 di cui forse parleremo in futuro.
Tuttavia, anche se ormai il Test di Turing è stato praticamente stravolto e non considerato un test totalmente affidabile, la data di pubblicazione di quell’articolo viene considerata la data di nascita dell’AI moderna. Questo perché Turing ebbe l’audacia di porre la domanda fondamentale e allo stesso tempo di proporre un sogno: applicare l’informatica a problemi strettamente collegati all’intelligenza umana fino al punto di riuscire a replicarla.
Due anni più tardi Turing venne arrestato con l’accusa di essere omosessuale. Un periodo di prigionia a accuse che lo segnò profondamente portandolo, il 7 giugno del 1954, a uccidersi a soli 42 anni dando un morso ad una mela avvelenata con del cianuro di potassio. Bisogna aspettare il 2009 per veder riconoscere dal governo inglese il “grave atto di discriminazione omofobica” a cui Turing era stato sottoposto e a chiedere scusa.
Una delle menti informatiche più rivoluzionarie dell’informatica del ‘900 muore fagocitato dall’ignoranza del suo governo. Strappato al sogno di veder realizzate le macchine che da li a pochi anni avrebbero cominciato a sfidare il suo Test. Quelle stesse macchine che lui sperava, un giorno, sarebbero diventate intelligenti come l’uomo. Forse addirittura più intelligenti di coloro che l’avevano ucciso.
Amara quanto vera la tua ultima frase. Complimenti per l’articolo.
Grazie. 🙂 Sono eventi che ti fanno riflettere anche perché parliamo del 1952, non del 1400 🙁
Che bello leggere un articolo interessante su un blog italiano ogni tanto….;-)
Tra l’altro sembra che pensò la macchina di Touring mentre lavorava, finanziato dalle stesse persone che poi l’avrebbero ucciso, ad una macchina reale per la decodifica del codice enigma durante la seconda guerra mondiale mentre era assistente in non mi ricordo più quale università.
Azz.. ho sbagliato a scrivere..
Risulta anche a me. L’idea della macchina di Turing è nata proprio da un prototipo di una macchina di decodifica 😀